RUSSO SPENA ,
BOCCIA - Ai Ministri della giustizia e degli affari esteri. -
Risultando all’interrogante che:
il sig. Tommaso Cerrone, in passato impiegato civile presso la sede Nato di Bagnoli, è stato arrestato il 24 ottobre 2002 a New York e successivamente condannato da una corte statunitense a dieci anni di reclusione per i reati di traffico di stupefacenti e valuta falsa, previo riconoscimento del vincolo della continuazione;
il medesimo, pur professandosi innocente, ha espressamente rinunciato alla sua facoltà di impugnazione della sentenza di condanna, al fine di potere essere ammesso al programma “International Treaty Transfer” che, ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983, ratificata dall’Italia il 30 giugno 1989, gli avrebbe consentito di scontare la pena in Italia, così da poter essere più vicino alle sue due figlie (rispettivamente, di tredici e nove anni) ed alla moglie, che non vede da anni;
il sig. Cerrone ha presentato sin dal 2002 istanza di ammissione al programma per il trasferimento dell’esecuzione della pena in Italia, ma la richiesta è stata rigettata dalle competenti Autorità statunitensi, pur in presenza di tutti i requisiti richiesti;
lo stesso Consolato generale d’Italia a Philadelphia ha manifestato - con un telespresso del 17 agosto 2006, indirizzato all’Ufficio del Consigliere diplomatico della Presidenza della Repubblica, al Ministero della giustizia, al Ministero degli Affari esteri ed all’Ambasciata d’Italia a Washington - le proprie perplessità sul rigetto dell’istanza del sig. Cerrone, da parte delle Autorità americane, dal momento che l’istante possiede tutti i requisiti richiesti e non sussistono altre condizioni ostative alla sua ammissione al programma “International Treaty Transfer”;
considerato inoltre che, per quanto consta all’interrogante:
il sig. Cerrone, attualmente detenuto presso il carcere di Fort Dix, New Jersey, ha scontato quasi metà della pena irrogata, tenendo una condotta penitenziaria che lo stesso Consolato italiano a Philadelphia, nell’ambito del telespresso di cui sopra, ha definito “esemplare”, pur nel contesto di un regime inframurario di assoluto rigore e caratterizzato da notevoli disagi;
la lontananza dei familiari, il desiderio di rivedere l’Italia, le difficoltà e le ridotte garanzie che caratterizzano, secondo le dichiarazioni del sig. Cerrone, la vita inframuraria nel carcere presso il quale egli è ristretto, lo hanno indotto a rappresentare la sua legittima esigenza di essere ammesso al programma per l’esecuzione della pena all’estero, attraverso un appello pubblicato già da diverso tempo su molti quotidiani;
dopo quattro anni di detenzione negli Stati Uniti, il sig. Cerrone si è rivolto recentemente allo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentandogli le sue doglianze e l’esigenza di vedersi riconosciuto il diritto all’esecuzione della pena in Italia, ritenendo illegittimo il rigetto della sua istanza da parte del Department of Justice statunitense;
il diniego, da parte delle competenti Autorità statunitensi, dell’ammissione del sig. Cerrone al suddetto programma desta rilevanti perplessità in merito ai motivi del rigetto dell’istanza, al punto che il Consolato italiano a Philadelphia, nel telespresso già richiamato, ha dichiarato di ritenere che “il diniego delle Autorità americane non sia di natura individuale (…) ma sia di natura più generale, da attribuire alla disposizione negativa degli americani nei confronti dell’Italia per questo tipo di richiesta. Probabilmente i detenuti di oggi stanno pagando gli errori commessi in passato su una non corretta applicazione delle norme sancite dalla Convenzione di Strasburgo. È opinione di questo Consolato generale che un intervento presso le Autorità americane, nella fattispecie il Department of Justice, per ripristinare nei confronti degli italiani l’applicazione delle norme previste dalla Convenzione di Strasburgo, renderebbe giustizia non solamente al signor Cerrone, ma anche agli altri connazionali qui detenuti che si vedono negata, avendone i requisiti previsti, la possibilità del rientro in Patria”;
la situazione del sig. Cerrone non sembra pertanto essere unica o rara, ma rappresenta, stando alle dichiarazioni del Consolato generale d’Italia a Philadelphia, soltanto uno tra numerosi esempi di una non corretta applicazione della Convenzione di Strasburgo, firmata e ratificata tanto dall’Italia quanto dagli Stati Uniti, suscettibile non soltanto di rilevare in termini di politica internazionale, ma anche e soprattutto di determinare il mancato riconoscimento, a molti detenuti, delle garanzie e dei diritti sanciti dal diritto internazionale pattizio,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della questione sopra descritta;
se siano fondate le perplessità manifestate dal Consolato generale d’Italia a Philadelphia;
quali siano gli orientamenti dei Ministri in indirizzo in ordine alla questione sollevata;
se non ritengano opportuno assumere ulteriori informazioni sulla vicenda, anche al fine di chiarire le perplessità ed i dubbi sollevati dal Consolato generale d’Italia a Philadelphia.